Neuroblastoma
Chirurgia Pediatrica
Cosa è il Neuroblastoma?
Il neuroblastoma è una patologia neoplastica maligna che interessa il surrene, ovvero una ghiandola posta sopra il rene e che secerne diverse sostanze, e delle strutture nervose, chiamate gangli nervosi localizzate in tutto il corpo. Tale neoplasia può diffondersi, dando metastasi, sia agli organi vicini alla sua sede, sia ad organi più lontani, interessando solitamente i linfonodi, il fegato, il midollo osseo, le ossa (compreso il cranio) e la cute.
È il tumore solido più diffuso in età pediatrica, gran parte dei casi si manifestano entro gli 8 anni di età, con un picco entro il primo anni di vita, raramente può essere congenito (ovvero presente fin dalla nascita) o interessare gli adulti. Le sedi in cui si sviluppa solitamente sono quella addominale (nel retroperitoneo), quella toracica e quella cervicale (ovvero a livello del collo).
È una neoplasia che può avere una trasmissione genetica familiare e che può trovarsi associata ad altre anomalie.
Quali sono i sintomi del neuroblastoma?
I pazienti affetti da neuroblastoma sono solitamente asintomatici e il riscontro, da parte dei genitori o del pediatra, di una massa, addominale o cervicale, palpabile, non dolente, o il riscontro di deformità dell’addome, è spesso casuale e dovuto alla presenza di una massa di notevoli dimensioni.
Il piccolo può, inoltre, presentare irrequietezza, dolori addominali e ossei, sintomi dovuti a compressione dei nervi o del midollo spinale (esempio difficoltà alla deambulazione, difficoltà visive), disturbi della minzione e della defecazione.
Come si giunge alla diagnosi di neuroblastoma?
Nel sospetto di neuroblastoma, uno dei primi esami eseguiti, riguarda la valutazione di alcuni parametri ematici (ovvero la concentrazione dei precursori delle catecolammine), che ci consentono di accertare la diagnosi.
Una delle prime metodiche di imaging usate, per la localizzazione addominale, è sicuramente l’ecografia dell’addome che può confermare la presenza della massa, escludere l’origine renale e descrivere le caratteristiche della neoformazione, i suoi rapporti con gli organi adiacenti e la presenza di lesioni epatiche.
Nella localizzazione toracica, invece, il primo strumento utilizzato è l’Rx del torace che ci consente di confermare la presenza della massa e descriverne, grossolanamente, le caratteristiche.
Tuttavia, sia nella localizzazione addominale, che in quella toracica, le metodiche più utili che ci consentono di descrivere al meglio le caratteristiche della massa, e di identificarne l’operabilità, sono la TC e la Risonanza Magnetica (RM).
L’iter diagnostico sarà completato dall’esecuzione di:
- Scintigrafia total body, che ci consente, attraverso l’infusione di un mezzo di contrasto radioattivo, di individuare l’estensione della patologia e la presenza di metastasi (soprattutto quelle osse). Essa viene usata nei casi di malattia estesa e nei casi di recidiva;
- Tomografia ad emissione di positroni (PET), che ci consente di individuare l’attività metabolica della massa. Tale metodica è utile negli stadi iniziali, in cui le cellule hanno un’elevata capacità di proliferazione e, quindi, di consumo di glucosio;
- Aspirato midollare, utile ad identificare la presenza di interessamento del midollo osseo;
- Analisi citogenetiche su campioni prelevati attraverso biopsie della massa, tale procedura sarà utile nei casi in cui la neoplasia sia molto estesa e, quindi, non aggredibile direttamente con l’intervento chirurgico, per definire il trattamento migliore.
Quando e perchè è necessario il trattamento chirurgico ed in cosa consiste
Il trattamento chirurgico, consente di stabilire con certezza la diagnosi, di valutare le caratteristiche delle cellule che compongono la massa ed inoltre di asportare, in maniera quanto più completa possibile, la neoplasia, riducendo il rischio di recidiva.
Il trattamento chirurgico solo in alcuni casi è il primo ed unico trattamento eseguito, solitamente, infatti, esso viene preceduto e seguito, da cicli di chemioterapia e di radioterapia. La chemioterapia neo-adiuvante (ovvero eseguita prima del trattamento chirurgico) consente, nella maggior parte dei casi, di ridurre le dimensioni della massa e l’estensione della patologia, rendendo operabili anche i casi non risultati tali in una prima valutazione. I trattamenti adiuvanti (ovvero i cicli di chemioterapia e di radioterapia eseguiti dopo l’intervento chirurgico), sono, invece, utili a ridurre la percentuale di recidiva e a bloccare l’ulteriore diffusione della malattia.
Ricordiamo inoltre che nei pazienti al di sotto di 1 anno di vita, in cui la malattia è localizzata e associata a sola disseminazione cutanea, epatica o del midollo osseo, è verosimile la risoluzione spontanea della malattia, per questo motivo in questi pazienti è plausibile non eseguire nessun trattamento o solo una blanda chemioterapia.
Il trattamento chirurgico consiste nell’asportazione completa della massa e dei linfonodi adiacenti, cercando di preservare i vasi inglobati nella massa e di essere quanto meno demolitivi possibili.
Quanto tempo rimane in ospedale il piccolo?
La permanenza del piccolo in ospedale solitamente non è breve, in quanto il bambino viene ospedalizzato sia durante i cicli di chemioterapia che al momento dell’intervento chirurgico, dopo il quale la degenza è di circa una settimana, in quanto sarà necessario eseguire uno stretto monitoraggio delle condizioni cliniche del piccolo, la somministrazione in vena di antibiotici e l’esecuzione di medicazioni apposite.
Quale sarà la qualità di vita del piccolo?
La prognosi di questa patologia dipende da tanti fattori fra i quali ricordiamo la tipologia di cellule che compongono la neoformazione (più o meno differenziate, ovvero simili a cellule normali), le caratteristiche genetiche delle cellule (molte anomalie genetiche possono influire sia positivamente che negativamente sulla prognosi), l’età del bambino e lo stadio della malattia, ovvero il grado di diffusione della patologia (nella localizzazione addominale un punto di rifermento nella diffusione, è il superamento, da parte della massa, della linea mediana, in quanto un’estensione oltre essa, incrementa la possibilità di inglobare strutture vascolari vitali); tanto più circoscritta sarà la patologia, tanto più piccolo sarà il paziente e tanto meno alterate saranno le cellule (sia a livello genetico che non), quanto più verosimile, sarà la possibilità di guarigione.
Come già accennato il neuroblastoma ha diversi fattori prognostici e la sopravvivenza dipende in maniera importante, dall’età del bambino nel momento in cui la patologia si sia presenta.
Inoltre i pazienti, che superano la fase della terapia combinata e che non sono stati sottoposti a trattamento chirurgico demolitivo, hanno una qualità di vita del tutto paragonabile a quella della popolazione sana.
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